Il primo giugno inauguriamo il Pride Park a Piazza Vittorio. Nel cuore della Roma multietnica inizia il conto alla rovescia, anche se il botto non si sente ancora. Arriverà? Per il momenro abbiamo un accogliente villaggio con gli stand delle associazioni lgbt, i volontari, il materiale informativo e i condom in distribuzione, i bar e il ristorante. Senza dimenticare tre spazi espositivi per alltrettante mostre, i palchi, gli spettacoli e una zona dibattito.
A tagliare il nastro di Europride si prestano gentilmente Franca Valeri, decana delle nostre icone intelligenti, e Claudia Gerini, molto a suo agio nel ruolo di madrina. C’è davvero molta gente, ma dovessi dire che il clima è da grande evento internazionale mi allargherei un po’ troppo.
I primi giorni passano così con qualche patema: il paese è distratto da altro e questo Europride incastrato suo malgrado tra amministrative e referendum non pare suscitare soverchie attese.
In compenso le energie degli organizzatori (Rossana Praitano del Mario Mieli e Paolo Patanè di Arcigay in prima fila)sono già prossime all’esaurimento, dopo mesi di lavoro, quando manca ancora una settimana abbondante all’ora X. In più la legge Murphy (“se qualcosa può andare storto lo farà” colpisce con regolarità inesorabile e inquietante. E’ una maledizione: la Siae pretende più soldi per la musica diffusa, la sovrintendenza stoppa il villaggio alla vigilia causa resti archeologici, i servizi municipalizzati non garantiscono l’allacciamento dell’acqua al parco… gli intoppi burocratici e logistici si accumilano con il passare delle ore, mentre anche il tentativo di buttarla in “caciara” con la polemica politica naufraga di fronte ad un assordante silenzio. Di qua e dio là dal Tevere nessuno scuce la pur misera dichiarazione.
Sembrano lontani anni luce i tempi d’oro in cui su queste cose si campava, come per il World pride del 2000 e per il pride 2007 contro il Family day. Di questo passo chi lo raggiunge il mezzo milione di presenze che farà da asticella tra il trionf e il fiasco?
Domenica 5. Lassù qualcuno ci ama e la scossa, potente, arriva: “Si fa!”. Il “sì” di Lady Gaga a Europride, arriva telefonicamente dalla Universal music alle 13 a un raggiante presidente Arcigay dopo mesi di trattative nell’ombra.
Dapprima c’era stato un avvicinamento alla casa discografica, poi un incontro con l’ambasciatore americano a Roma David Thorne perché la invitasse a Europride. E poi giorni infiniti di altakena tra conferme e smentite: “ci sarà, vuole esserci”, anzi no, “ha altri impegni”.
La speranza comunque non si è mai spenta, mentre altre opzioni venivano valutate senza risultati positivi (Richy Martin è in tour, Benigni non può, Tiziano ferro sta registrando un album e così via). Quando eravamo ormai prossimi al recinto degli ex famosi pur di riempire il palco dell’orgoglio lgbt al Circo Massimo, ecco che il cielo si squarcia e appare Lei: “Habemus Gaga”.
Il rumoroso “sì”, ancora riservatissimo, sfugge immediatamente su facebook, e corre per il parco arcobaleno tra manifestazioni di giubilo e applausi per approdare a qualche blog che parla di “bufala” (su questo torneremo), e cioè di un disperato espediente per attirare gente alla manifestazione. Incrociamo le dita perchè il sì è ancora informale e il comunicato stampa ufficiale è rinviato a domani. Negli attimi di tregua mi godo il Park, affollato e gradevole. “E’ gratis e non è solo discoteca”, mi spiegano dei ragazzi entusiasti. I bar e la musica vanno a pieno ritmo di pari passo con i flirt estivi. In tanti mi chiedono se Lady Gaga ci sarà. “Non confermiamo e non smentiamo” è il ritornello che ripeto decine di volte, ma persino noi dell’organizzazione facciamo fatica a crederci.
Lunedì 6. Alle nove la riunione tecnica con la Universal Music ci riporta alla realtà. Lady Gaga atterrerà venerdì notte, farà un discorso politico sui diritti gay in Europa (su questo lo staff ci chiede informazioni aggiornate in inglese) e un brano al piano. Nulla di più ci è dato di sapere. bisogna pensare al palco cui manca la copertura, al pianoforte e all’installazione di due torri con diffusori acustici perché tutto Circo Massimo possa godere l’evento. Si discute di dirette e di esclusive, spenrando in eventuali sponsor, che non arriveranno mai, nemmeno con Gaga.
Alle 12 invio a tappeto la notizia alla stampa. Per un po’ prevale un silenzio sbalordito, virtuale e reale, poi scoppia il finimondo. Piovono telecamere al pride park e i volontari non stanno già più nella pelle.Adesso sì che facciamo il botto. L’universo lgbt diventa improvvisamente più interessante e l’intero programma comincia ad avvantaggiarsi del traino di Gaga. Basta vedere come i giornalisti si contendono John McNeill, sacerdote cattolico 85enne fra i pionieri del movimento e icona dei gay cattolici che porta al pride park il film autobiografico Taking A Chance on God. Tiro un sospiro di sollievo prima di rituffarmi nella mischia.
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Martedì 7. Tutto da dichiarare su Lady Gaga diventa l’imperativo della giornata. Dal barista, all’ex onorevole, fino a chi ssi millanta “ufficio casting Europride”, sono in tanti a inventare particolari fantasiosi sull’apparizione miracolosa. Chi dice che ballerà insieme alle trans e chi parla di pianoforti “alti sette metri”. Ci mette del suo anche il consorzio campano di mozzarelle di bufala che invia 30 chili di prodotto alla cantante.
Il prodigio in ogni caso è servito: i pullman pronti a partire per la parata raddoppiano, Alemanno annuncia che parteciperà ad un evento Europride e dalla regione Renata Polverini fa sapere che parteciperà al corteo, mentre una delegazione lgbt visita la Commissione la Commissione Diritti Umani del Senato.
Si va in slalom tra un’intervista e l’altra (radio, tv e stampa), ma bisogna trovare il tempo anche per gli incontri in questura sulla sicurezza e per chiudere la lista dei carri annunciati per la sfilata. “I sardi avranno i palloncini a forma di pecora, mentre gli sportivi una piscinetta sul carro. Il personale dell’ambasciata americana sfilerà al completo in corteo”, spiego a “Repubblica” felice di avere particolari in esclusiva.
Mercoledì 8. Telefoni sempre più roventi, un vero inferno. Una chiamata dietro l’altra, per ore. Tutto il paese, e oltre, chiede “accrediti” per stare sotto palco e vedere Gaga da vicino. molti sono improbabili giornalisti, blogger improvvisati o fotografi dilettanti, ma le testate che contano non mancheranno certo. Europride è ormai un gigante mediatico che corre sulle proprie gambe solide e che nessuno saprebbe più, anche volendo, come fermare.
Tra una telefonata e l’altra mi perdo l’inaugurazione della mostra di nudo maschile Mediterranea passione del fotografo Tony Patrioli, il torneo di calcetto e beach volley gay, la presentazione dell’ultimo libro di Cristiana Alicata, il convegno sui diritti umani di Amnesty e, peggio, un esclusivo seminario sul sado-maso gaio, chissamai che aiuti nel sopportare lo stillicidio di telefonate. Il villaggio è pieno di promesse interessanti, ma crollo come la batteria del cellulare.
Giovedì 9. Continua la caccia agli “accrediti” e ai particolariU “inediti” sull’evento. E’ un delirio collettivo. Una ditta di moda che si candida a vestire Gaga chiede un incontro per mostarre lo stock, mentre una blogger siciliana vorrebeb sentirle dire a chiare lettere che “ama la Sicilia”. Non manca chi mi scambia per l’ente del turismo e chiama per sapere se è rimasto un albergo libero.
Arranco, senza più regia, nel tentativo di capire a quale mixer del palco dovranno collegarsi le dirette video. E conto le ore. I partecipanti stranieri hanno cominciato ad arrivare in massa. Europride è dappertutto. In metropolitana due ragazze (!) mi danno appuntamento al corteo. Sorrido stremato e mi chiedo quale deroga alle leggi della fisica consentirà di fare entrare nel backstage del Circo Massimo tutti quelli ai quali ho garantito un pass.
Venerdì 10. Le “bufale campane” vengono consegnate direttamente nelle mani del presidente di Arcigay. Io sempre al telefono per respingere ogni ulteriore richiesta di accredito.
Mi riconnetto alla realtà solo in tarda serata quando al Pride park arriva la degretaria della CGIL Susanna Camusso, per solidarizzare e invitare a votare ai referendum.
Prima però riesco persino a fare una puntatina al ricevimento organizzato a Palazzo Doria Panphilj apposta per Europride dall’autentico e omonimo principe. Ci sono volti noti della militanza italiana ed europea, che si mescolano a manager e sindacalisti, sportivi e personale dell’ambasciata USA. Tutti incrociano le dita: quanto sarà grande il grande giorno?
Sabato 11. Eccoci qui. Il corteo è enorme, il più grande pride italiano di sempre. Una folla sterminata alle 16 in punto parte alla volta del Circo Massimo, celebra l’orgoglio gay e pretende diritti. Ad attendere Lady Gaga ci sono solo cinquecento persone. Tutti gli altri sfilano con i gay, le lesbiche e i trans e mostrano un paese reale che abbraccia senza remore orgoglio e visibilità gay.
Mi convocano al back stage dove sta entrando chiunque persino con pass autoprodotti o fotocopiati. Faccio le veci dei buttafuori insieme a monumentali gorilla. Lei arriva, caschetto blu e chimono, saluta e sorride.
E’ una grande imperatrice che transita di fronte ad una corte di quaranta drag queen sui tacchi che affondano nella ghiaia di Circo Massimo, pronte a salire sul palco per lo spettacolo dopo lei. Lady Gaga raggiunge infine il palco e magnetiza una folla mai vista.
Mi ero sempre chiesto che effetto facesse vedere un milione di persone (uno vero, perlomeno) tutte insieme. Ora lo so. Il resto è cronaca ampiamente documentata. Alla fine ci metto un’ora, tale è la ressa, solo per uscire da Circo Massimo. Ceno in solitudine perfetta a prosecco e mozzarella di bufala, gentilmente offerta da Lady Gaga già ripartita sul suo jet. E’ ottima. (Pubblicato in “Pride”, luglio 2011).