800 861 061. “Risponde il servizio “telefono verde aids” dell’Istituto superiore della sanità. Si prega di attendere in linea, gli esperti vi risponderanno appena possibile. Grazie”.
Dopo poco meno di trenta secondi di attesa, accompagnati dalle note di What a Wonderful World di Luis Armstrong, una voce femminile, molto gentilmente, ci da il suo “Buongiorno”
“Buongiorno. Chiamo da Roma. Necessito di alcune informazioni”.
“Mi può dire quanti anni ha?”. “29”. “È la prima volta che chiama?”. “Sì” “Bene mi dica”.
“Esistono differenza nella prevenzione tra sesso gay o etero?”
“No. Non cambia assolutamente nulla. Il preservativo è necessario sia nel sesso etero che in quello gay. Il virus non fa alcuna distinzione. Lo può prendere una coppia gay, una lesbica o un eterosessuale che ha avuto tre rapporti nella vita. Chiunque. Il preservativo è indispensabile”.
“E in una coppia gay “aperta” sono necessarie le precauzioni?”
“Certo. In una coppia gay o eterosessuale il rapporto penetrativo deve essere protetto con il preservativo. Sia il rapporto orale, pene-bocca, che quello genitale, pene-ano.” “Grazie, arrivederci”. “Arrivederci”.
800 713 713. “Gay help line. Benvenuto. Stiamo trasferendo la tua chiamata ad un operatore”. Trascorrono 5 secondi netti. “Pronto ciao sono *** in cosa posso esserti utile”. “Volevo farti alcune domande sulla prevenzione”. “Fammele pure”.
“Esistono differenze nella prevenzione tra sesso gay o etero?”
“No!, non esistono”. “No?”. “No sia per il sesso gay che per quello etero la prima protezione fondamentale è il preservativo, da utilizzare fin dall’inizio del rapporto e anche per i rapporti orali. Esistono poi creme spermicide, ma il preservativo è assolutamente fondamentale. “E in una coppia aperta?”. “È sempre meglio usarlo”. “Ok, grazie”. “Sicuro che non vuoi sapere altro? Abbiamo un medico, se gli scrivi una mail all’indirizzo HYPERLINK medico@gayhelpline.it ti risponderà a qualsiasi dubbio, qualsiasi”. “Grazie infinite” “Posso chiederti come ti chiami e quanti anni hai?”. “Stefano, 29. Ciao e grazie sei stata molto gentile”.
Con due domande apparentemente banali abbiamo sollecitato due telefoni gratuiti, quello istituzionale del Ministero della salute e la Gay help line di Arcigay Roma, per ottenere alcune informazione sulla prevenzione di hiv-aids.
Abbiamo ottenuto risposte scientificamente corrette, ma mentre il telefono verde del Ministero è risultato molto tecnico e generico, da parte di Arcigay (che non ha un numero specifico aids nazionale, ma tutti gli operatori delle numerose linee amiche reperibili sul sito dell’associazione sono qualificati a rispondere sulla prevenzione all’aids) si è andati ben oltre ad un contatto di semplice informazione con una cortese offerta di consulenza, gratuita ed approfondita.
“Quello del ministero – ci spiega Raffaele Lelleri, responsabile salute di Arcigay – non è un vero e proprio servizio di counselling. È un info-line, a domanda diretta rispondono e sovente suggeriscono il centro più vicino dove fare il test.
È diverso per Arcigay, Lila (Lega italiana lotta all’aids), Asa, (Associazione di solidarietà aids) che instaurano un rapporto con la persona che telefona per cercare di comprendere cosa ci sta dietro ad una richiesta e offrono informazioni anche a persone già in terapia.
Secondo Lelleri le richieste di gay o etero alle linee amiche sono simili: “non esistono dati, ma una specificità gay che merita attenzione è l’invisibilità gay che genera un rapporto non cristallino con il medico di base e numerose sono le richieste telefoniche che riceviamo su come fare il test senza avere l’impegnativa del medico.
Molti osservatori comunque suggeriscono che la maggior parte delle richieste di aiuto arrivano dagli eterosessuali. Arcigay Triste, ad esempio, ha un forum ‘invaso’ da etero che evidentemente non hanno altri canali per richiedere informazione senza peli sulla lingua. Stiamo pensando di nazionalizzare quel servizio”.
In futuro, conclude Lelleri, sarà necessario “fare un salto di qualità nella prevenzione, differenziando il messaggio in quattro modi: se non conosci il tuo stato sierologico, fai il test; se sei sieronegativo, non prendere l’hiv; se sei sieropositivo, non re-infettarti né infettare; ed, infine, se sei sieropositivo, se segui alcune regole, puoi vivere in modo relativamente soddisfacente con l’hiv”.
Dall’altra parte del cavo
Scambiamo due parole con Lina, una volontaria del telefono amico dell’Asa, Associazione solidarietà aids, lo 02 58107084, che risponde da lunedì a venerdì dalle 9 alle 19.
Lina, perché si diventa volontari di un telefono amico sull’aids?
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Chi pratica volontariato nelle nostre strutture sovente ha amici o parenti sieropositivi o è direttamente sieropositivo. Spesso esiste un collegamento personale tra il volontario e la malattia.
Chi vi chiama?
Chiamano soprattutto uomini. Il nostro centralino risponde dal 1986 e il nostro lavoro è molto cambiato. Sovente le domande ci arrivano via mail (asa@asamilano.org). Dopo un paio di mail la gente telefona.
Quali sono i dubbi più frequenti?
Le domande sono sempre le stesse. La nostra spina nel fianco è il rapporto orale. Non esiste una risposta netta, sicura e chiara. È a rischio se c’è contatto con lo sperma, ma sull’argomento c’è una grande confusione. Il 60% delle telefonate poi le consideriamo “immotivate”.
Vengono da persone che hanno paura di essersi contagiate con modalità assurde come il morso di una zanzara o per aver mangiato in un ristorante con un cuoco con un cerotto sulla mano. Sono moltissime, poi, le telefonate di persone che hanno ricevuto un test positivo.
Come vi comportare?
Siamo il loro primo contatto e chi chiama è molto spaventato.
Alcuni sottovalutano il problema: “ci sono le terapie” dicono, e i medici stessi tendono a rassicurare sul fatto che i farmaci di oggi sono efficaci. Altri immaginano di morire in poco tempo e vanno in depressione assoluta.
Da una parte è vero che le terapie farmacologiche offrono oggi una notevole serenità, ma non bisogna né enfatizzare né sottovalutare il problema. Con il virus tutto cambia e il problema, se non è farmacologico, è sociale.
Cosa intendi?
Il grosso problema dell’hiv oggi è la paura di essere scoperti. Il sieropositivo vive in incognito, non lo comunica al partner e se la malattia non è elaborata ha rapporti non protetti.
Quali dubbi esprime il paziente sieropositivo rispetto alle terapie?
Il sieropositivo è terrorizzato dalla lipodistrofia.
C’è qualche differenza nelle richieste che ricevete di omosessuali e eterosessuali?
No, non esistono differenze. La confusione è sui rapporti orali, tutti trovano i rapporti orali con preservativo seccanti.
Rispondere ad un “telefono amico” vi rende osservatori privilegiati della lotta all’hiv-aids, nel nostro paese. A che punto siamo?
La prevenzione fa acqua da tutte le parti e in Italia ha fallito. Ne stiamo raccogliendo i frutti: solo la città di Milano ha oggi 10000 persone sieropositive.
Se qualcuno volesse collaborare con voi come deve fare?
Telefonare all’associazione e seguire un colloquio. Organizziamo dei corsi per operatori telefonici due o tre volte all’anno. La scelta del volontariato è difficile: c’è differenza tra il pensare di fare il volontario e farlo realmente. (pubblicato in “Pride”, n. 90, dicembre 2006)