Accade, sempre più spesso, di incontrarli in bar e discoteche gay. Sanno tutto su Internet. Molti vestono alla moda ma non desta stupore vederli con indosso magliette no-logo, tute da ginnastica e un cappellino abbassato sugli occhi. Non frequentano dark room (l’età spesso non glielo permette), e tuttavia conoscono il sesso. Cercano l’amore con la a maiuscola e sono dichiaratissimi. Extraterrestri?
No: sono la nuova generazione di giovani e giovanissimi gay che siamo andati a stanare sul loro territorio il tanto vituperato Internet.
Basta una breve ricerca per trovare in rete un sito interamente dedicato agli adolescenti gay: si chiama “Youth Italia. Il sito dei giovani gay” (www.youth.gella.it, ora il sito non è più on-line, ndr.). All’interno si trovano informazioni sull’omosessualità, una sezione di articoli, una bibliografia, annunci, e un kamasutra gay ancora incompleto se non nella parte masturbazione. Manco a dirlo l’autore dei testi è un sedicenne. Stupiti?
Nick (questo è il suo nome virtuale) scrive, corregge e pubblica le pagine di “Youth Italia”: “Ho deciso di gestire un sito per giovani perché mi sono accorto che a nessun “webmaster” [amministratore di siti web] importa veramente di loro… Molti siti hanno un angolo teen dove propongono qualcosa per i più giovani, ma non c’è niente di specifico per i ragazzi gay. Nel mio sito faccio un po’ di tutto e chiunque può inviare materiale. Poi ci sono collaboratori fissi (pochini) che m’inviano regolarmente qualcosina.
Credo che non sia giusto fornire indicazioni precise su come un ragazzo debba vivere la propria adolescenza gay; piuttosto bisogna dare consigli e lasciare che ci sia uno scambio di idee fra i protagonisti stessi”. Niente male per incominciare!
Nick aggiunge di non essere dichiarato: “o meglio, ho provato a farlo con mia madre alla quale ho detto tutto… lei mi ha risposto: ‘È troppo presto per esserne sicuri’…” e si propone per aiutarmi nel sondare l’universo giovanile gay attraverso un dibattito virtuale sul coming out.
In solo cinque giorni mi giunge una ventina di email di adolescenti italiani che si raccontano. Scopriamoli partendo dal Nord Italia.
Lorenzo è di Milano, ha quasi diciotto anni, e da molto tempo usa Internet, tanto che ha incominciato a conoscere altri omosessuali già a quindici anni. Precoce… ma a differenza dei suoi coetanei lamenta di non essersi “proprio” dichiarato: “I miei genitori lo hanno scoperto da soli anche perché ho cercato di farglielo capire… Mia madre non l’ha ancora accettata bene: meno ne sente parlare meglio è. Invece mio padre l’ha presa bene e mi ha detto che se ho bisogno e se voglio parlare lui è disponibile”. Dichiararsi non gli ha né migliorato né semplificato la vita, infatti “tutto è come prima! Semmai ora non ho la preoccupazione di inventarmi qualche ‘balla’ ai miei per dire dove vado!”. E gli sembra poco…
Anche Dad ha diciassette anni ed è di Milano. A differenza di Lorenzo si è dichiarato soltanto a sua madre perché il padre non vive più con loro: “Mi sono dichiarato”, dice, “altrimenti la situazione in casa sarebbe diventata troppo complicata e avrei dovuto raccontare un sacco di balle e scuse ogni volta. Mi sono anche dichiarato ai miei amici perché sono per me persone importanti ed è giusto che mi conoscano a fondo”.
La storia di Federico, un ragazzo bresciano diciottenne, non ha meno a che vedere con le ‘balle’. Ecco il suo racconto: “Sanno di me la mia famiglia, e la famiglia di mio zio (fratello di mio padre). Ai miei amici ho deciso di non dire ancora nulla!
Il rapporto con i miei genitori è molto cambiato ultimamente, ovviamente a causa della mia dichiarazione e del fatto che andrò a vivere da solo per l’università. Prima del coming out avevo un rapporto di facciata con mia madre, ovvero chiacchieravo con lei ma senza mai dare eccessive informazioni su di me. Con mio padre non avevo un grande rapporto… scambiavamo qualche parola ogni tanto, ma sapevo che sarebbe comunque stato per me un “pilastro” su cui far affidamento.
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Ora è tutto molto diverso. Dopo la mia rivelazione in famiglia sono cadute le maschere sociali e, mentre mia madre si è rivelata colma di pregiudizi e priva di apertura mentale, mio padre è stato comprensivo… Certo, non son tutte rose e fiori! Mia madre si chiude nella sua illusione che io non sia realmente omosessuale e, ogni volta che sbatte il viso contro il muro della realtà, ha una reazione sempre diversa… a volte crea una barriera di silenzio intorno a sé…Con mio padre il rapporto è un po’ meno complesso… si è dimostrato sempre disponibile e più aperto rispetto a prima, solo che inizia anche a pretendere di più da me… Non li ho mai delusi su nulla e questo è un periodo un po’ duro in quanto è una fase di transizione in cui non ho molto da fare…”.
Dal Nord al Sud con Davide, un napoletano di diciassette anni. “Sono dichiarato”, ed il rapporto con i miei genitori “è perfetto! Andiamo d’amore e d’accordo… e non è una battuta! Mi sono dichiarato in un momento di pazzia, precisamente per amore di una persona, ora mi pento di averla amata, ma non di averlo detto ai miei che mi chiedono soltanto di stare attento alle malattie, ed alla gente che conosco”. Sarà felice? Altroché: “il coming out mi ha semplificato la vita: lo consiglio a tutti anche se si ha paura: cogliendo ‘l’attimo fuggente’ la vita diventa meravigliosa!”.
Procediamo con un ventenne dell’Alto Adige che si è dichiarato ad “alcuni amici e a tutte le ragazze della mia ex classe… ma penso che mia mamma lo sappia”. Anche lui pianifica di uscire allo scoperto appena avrà “una storia importante che in caso mi possa dare supporto” perché “non è piacevole nascondersi sempre”.
Ancor più calcolatore è Ste17 che ne parlerà con i suoi genitori “il prossimo anno” appena maggiorenne. “Come?” gli chiedo e lui dice: “Sai, non ne ho idea… credo che cercherò di prenderli in una situazione calma”. Per ora lo spaventa la loro possibile “reazione” ma riesce a fare una vita tranquilla perché ha “tanti amici gay che ho conosciuto in Internet”.
Preso dal gioco dell’intervista mi chiede se io sono dichiarato. Gli racconto il mio coming out e capisco che pur essendo in un mondo virtuale mi sta realmente ascoltando. Questi ragazzi usano Internet per comunicare ed è così che condividono le loro esperienze, le loro gioie e i loro dolori. A quanto pare crescono, sono molto meno soli di quanto ci si potrebbe aspettare.
Decido di chiedere a coloro che sono completamente dichiarati che consigli darebbero ai coetanei.
Federico torna sulle ‘balle’ già viste in precedenza e dice: “Io consiglio di valutare bene la propria situazione. Innanzi tutto, bisogna fare previsioni sul futuro, valutando le possibili reazioni dei genitori. Io ci ho azzeccato in pieno, sapevo benissimo come sarebbe andata. A volte però si è stupiti dalle reazioni dei propri genitori, sia in positivo che in negativo: esistono casi di grave omofobia in famiglia ma anche madri e padri che accolgono tranquillamente la notizia. Inoltre bisogna avere motivazioni profonde per muovere un passo così importante… Io mi ero stufato da tempo di raccontare balle su balle ai miei… Inoltre, ora che ho un ragazzo stupendo su cui fare affidamento, mi sento estremamente più forte e in grado di affrontare le situazioni più difficili”.
Lorenzo aggiunge “Be’, io consiglierei a chi vuole dichiararsi, se se la sente, di dirlo, ma più che dichiarasi apertamente bisogna farlo capire pian piano: secondo me è meno traumatico”.
Anche Mauro, che ha 20 anni ed è veneto è su questa linea d’onda “Gliel ho fatto capire prima con alcuni atteggiamenti, poi mia madre me l’ha chiesto e io ho confermato, lei l’ha detto a mio padre”. E chi li ferma più?
Fin qui le testimonianze di “Youth Italia”. Su Internet si incontrano però anche storie di giovanissimi che soffrono molto. Qualche settimana fa il sito “Gay.it” ha proposto un forum virtuale sul suicidio dei giovani adolescenti.
In breve sono giunte moltissime lettere che suonano tutte più o meno così: “Sono un normalissimo ragazzo di 18 anni, ed anche se la mia vita è stupenda avendo ottimi amici, una bellissima famiglia e non ho problemi con la scuola, Dio mi ha dato il fardello di essere un omosessuale. Come una canzone di Ligabue dice “Guardare e non toccare”, per me risulta essere questa la legge. I miei amici sono tutti etero, e nessuno sa di me”. O ancora: “Io ho tentato il suicidio più volte e non escludo di poterlo fare ancora. La mia famiglia, la società che mi è vicino, la mia fidanzata… nessuno potrebbe capirmi… e anche un amico prete mi ha sbattuto la porta in faccia!”.
Aveva sbagliato interlocutore: quella volta questo messaggio è stato raccolto da Andy, un ventenne, la cui risposta è degna conclusione di questo pezzo: “Ho 20 anni, e non posso dire con esattezza quando ho dovuto iniziare per la prima volta a fare i conti con la mia sessualità, ma ricordo che non è stato facile. Sono partito dai miei amici migliori, e poi il coming out è venuto da sè con tutti, amici parenti e conoscenti. E quello che mi ha sorpreso è che non è veramente cambiato nulla, che quell’ ‘a me non importa se ti piacciono le ragazze o i ragazzi’ che mi sentivo sempre rispondere non era solo per dire, ma una cosa che trovava riscontro nella realtà… Se ci arrendiamo, se decidiamo di farla finita non facciamo che approvare la logica secondo cui i gay e le lesbiche dovrebbero sparire, perché sono un errore, un incidente di percorso. No. Dobbiamo trovare la forza per sputare in faccia a questa logica, dobbiamo ribellarci e dimostrare che nonostante tutti i tentativi che fa la società noi riusciamo ad essere felici ed orgogliosi di ciò che siamo: esseri umani che provano sentimenti…Siamo tanti, stiamo uniti e non chiediamoci mai più come sarebbe potuta andare se… La vita è una sola, non la sprechiamo per colpa della piccolezza degli altri”.
Marco solo cinque anni fa non avrebbe trovato un interlocutore. Oggi ce l’ha e sappiamo che lo saprà ascoltare. (Pubblicato in “Pride” con lo pseudonimo Andrea Gabrielli nel novembre 2001, pp. 41-42).