Cresce il numero di adolescenti gay e lesbiche che si affacciano alla militanza lgbt. Sono visibili e pretendono un futuro migliore.
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“Sono gay, e sono giovane e posso assicurarvi che essere gay è motivo di tante difficoltà. Come Martin Luther King che sperava che i suoi figli sarebbero stati giudicati un giorno non per il colore della loro pelle ma per la loro persona, così anch’io spero un giorno di poter essere giudicato per quello che sono e non per le persone che amo”.
Il video che ritrae Graham Taylor, uno studente gay statunitense di 14 anni, che durante un consiglio d’Istituto ha difeso un docente sospeso per aver punito due bulletti omofobi, ha fatto il giro della rete commuovendo l’America e non solo.
E’ attivismo in erba, un fenomeno nuovo che vede numerosi sbarbatelli bussare alle porte del movimento gay. E, a sorpresa, anche i coetanei italiani di Grahm, si stanno organizzando tanto che un botta e risposta tra adolescenti (su di un sito) che dice “Può essere stupida come domanda ma per iscriversi all’Arcigay ci vuole un’età? Io ne ho 13”, “io ho cominciato a frequentarlo a 16 anni” suona oggi del tutto credibile.
E non sono solo spinte individuali come quella di Marco, 16 anni, che ha risposto all’appello del Napoli Pride dello scorso anno presentandosi agghindato di tutto punto per un attacchinaggio notturno di manifesti o di Luca, un toscano che frequenta la seconda superiore, che ha scritto all’Arcigay che vorrebbe tesserarsi perché “ne condivide tutta la battaglia”. Giovanissimi gay e lesbiche italiani si stanno organizzano: c’è in gioco il loro futuro.
A Brescia in 240 tra gay e lesbiche dai 16 ai 25 anni, ma in maggioranza intorno e sotto i 18, hanno dato vita al gruppo di Facebook “GLK”, il Gay and Lesbian Kingdom.
“Eravamo solo cinque all’inizio, e ci sembrava ci fosse il vuoto intorno a noi” spiega Alex, occhi verdi verdi, al quarto anno di liceo scientifico. “A 17 anni abbiamo aperto il gruppo su Facebook per limitare il nostro isolamento e avere un contesto sano e tranquillo dove noi adolescenti potessimo confrontarci tra pari”. L’esperienza virtuale è cresciuta e GLK ha chiesto asilo ad Arcigay per affrontare la realtà.
Oggi, tutti i giovedì pomeriggio, dai 30 ai 50 ragazzi e ragazze, si incontrano puntualmente nella sede dell’associazione e “quelli che arrivano sono ad un buon livello di accettazione e non sono particolarmente repressi, sono solo un poco soli. Il giovedì discutiamo di discriminazione, adozione, repressione e vediamo film, ma siamo anche riusciti con l’autogestione in una scuola a fare un gruppo partecipatissimo sull’omosessualità” spiega soddisfatto Alex.
E tra i ragazzetti che affollano la sede bresciana di Arcigay e c’è l’emo, il muscolosetto, l’intellettuale, la radical chic, è Andrea, in quarta superiore a geometri, a prendere parola: “Il gruppo mi ha permesso di conoscere persone della mia età e penso possa darci una prospettiva per un futuro migliore. Qui cerchiamo di capire come realmente gira il mondo e il nostro ambiente”. Chiara, in quinta al liceo scientifico, aggiunge: “Prima conoscevo solo Alex ora ho un gruppo e dei modelli con cui identificarmi. Parliamo di cose che pensiamo di sapere ma che in realtà non sappiamo. Per il futuro vogliamo diritti, oggi guarderemo un film sul matrimonio, ma magari non vogliamo proprio il matrimonio gay, ma qualcosa come le coppie di fatto”. “Vogliamo evitare un pensiero politico comune – si intromette Alex – abbiamo idee molto diverse su tutto”.
E’ decisamente più politicizzata l’esperienza di un altro collettivo studentesco lgbt, il Collettivo Tabù di Milano. Anche qui l’età media è intorno ai 18, ma è frequentato anche da quindicenni. Parla il più vecchio, Valerio Interlandi, che ormai fa l’università: “E’ un collettivo orizzontale che si colloca a sinistra, ma è apartitico, e siamo antisessisti, antifascisti e anticlericali. A Milano copriamo un vuoto perché mancano gruppi gay che scendono in piazza con la Sinistra. Organizziamo anche incontri nelle scuole superiori sull’omofobia e iniziative e saremo a Europride. I più giovani sono attratti dal collettivo perché vogliono discutere tra di loro”.
GLK e Tabù sono casi ancora unici, ma inseriti in un fermento studentesco più globale in cui la visibilità in ambito scolastico (e la militanza gay diretta) è sempre meno problematica. Il coordinatore nazionale del sindacato studentesco UdS, Mariano Di Palma argomenta: “molti compagni e compagne gay e lesbiche visibili supportano la nostra azione. Dopo l’Onda del 2008, i diritti lgbt sono centrali anche nella battaglia di UdS. So anche di gruppi scolastici informali di gay e lesbiche in alcuni istituti superiori, ma nella maggior parte dei collettivi studenteschi la composizioni è eterogenea, con forti componenti di gay e lesbiche visibili e non ghettizzati: noi lavoriamo per sviluppare un patrimonio culturale aggregativo e che non marginalizzi nessuno”.
E’ d’accordo Giacomo Guccinelli, responsabile giovani di Arcigay: “in molte zone d’Italia le tematiche lgbt entrano sono ormai fondamentali nei sindacati studenteschi. La politica di contaminazione con il movimento gay sta dando i suoi frutti, gli studenti vanno ai pride, organizzano campagne contro l’omofobia e partecipano alle feste studentesche lgbt. Questo lavora aiuta gli studenti omosessuali ad uscire allo scoperto”. Insomma è nata la militanza in erba?
Frena un poco Guccinelli: “sono stato in 150 istituti scolastici a parlare e la strada è ancora lunga. Quelli che riceviamo dai giovanissimi sono segnali di apertura, ma sono ancora molto rari. L’auspicio è che maturino e si diffondano rapidamente”. (Pubblicato originariamente in “Pride”, giugno 2011)