Non passano i candidati gay alle regionali

Alle regionali del 16 Aprile scorso nessun candidato dichiaratamente omosessuale ha raggiunto un numero sufficiente di consensi utili per essere eletto.
Soltanto 1817 le preferenze ottenute da Mauro Cioffari, candidato dei DS per la regione Lazio. Pochi i 60 voti per Marco Volante, candidato al consiglio regionale della Lombardia nella lista dei Liberali Italiani, Socialisti Democratici Italiani e Democratici Indipendenti. Federico Magnani, ventunenne candidato di Rifondazione Comunista per il Veneto, ha raccolto soltanto 50 preferenze.
Le rispettive campagne elettorali sono state condotte con molto impegno e i giornali gay hanno parlato di loro; come mai di risultati utili nemmeno l’ombra?
L’omosessuale dichiarato non piace all’opinione pubblica, ma basta questo a spiegare un risultato così catastrofico?
Chiediamo a Franco Grillini, che ha una decennale carriera di successi politici alle spalle, i motivi di questo stato di cose:
“Un omosessuale che […] arrivi a comprendere l’importanza della politica per i propri diritti e quindi a votare un candidato e un partito che lo rappresenti, desidera candidati di qualità, popolari e rappresentativi.
Insomma, non basta essere gay per essere votati.
Non a caso i pochi eletti gay che via via sono passati al vaglio di una elezione hanno avuto successo perché erano persone molto conosciute e molto popolari ed esprimevano una capacità generale di rappresentanza: erano cioè in grado di catturare anche il voto eterosessuale gay friendly.
Anche in campo gay, quindi, occorre che il politico omosessuale dichiarato sia in grado di competere come qualità con
qualsiasi politico eterosessuale e come lui di fare politica a tutto campo.
Il caso Vattimo, eletto al Parlamento Europeo anche con il voto gay, è esemplare da questo punto di vista.
La mia opinione è che laddove non c’è la capacità di far eleggere un candidato gay o dove non ci sono candidati gay autorevoli è sbagliato presentare candidature votate ad una sconfitta che rischia di riflettersi su tutto il movimento.
Se in una città un candidato prende 40 voti il rischio è che si dica che la comunità gay e lesbica del luogo vale solo 40 voti. Molto meglio allora far convergere i voti gay su di un candidato gay friendly impegnato nelle nostre battaglie come è stato fatto a Bologna, Napoli, Torino e Pisa alle ultime regionali.
E’ un caso che questi candidati siano stati tutti eletti?”
Non è un caso, ma senza entrare nel merito della validità dei candidati gay friendly sarebbe interessante chiedersi perché gli omosessuali stanno soltanto a guardare?
(pubblicato in “Pride” con lo pseudonimo Andrea Gabrielli nel giugno 2000)

Stefano Bolognini ⋅

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