Daniel Mauricio Zamudio Vera (Santiago, 3 agosto 1987 – Santiago, 27 marzo 2012) è un giovane cileno aggredito, torturato e ucciso a causa del suo orientamento sessuale e diventato un simbolo, come prima di lui lo statunitense Matthew Shepard, della lotta a omofobia e transfobia.
La morte del giovane dopo un mese di agonia, e le violenze efferate a cui è stato sottoposto, hanno suscitato un ampio dibattito e ripetute manifestazioni pubbliche in Cile (e nel mondo). La sua morte ha posto con forza l’assenza nel codice penale cileno di una legge contro omofobia, transfobia e crimini d’odio, al punto che tale legge è stata infine rapidamente approvata dal Parlemento del Cile.
Anche in Italia la morte di Zamudio ha suscitato sdegno e grande emozione: il 13 giugno 2012 Arcigay scoprirà una targa dedicata al giovane presso la sua sede di rappresentanza di Roma.
Biografia
Daniel Zamudio, il secondo di quattro figli di Ivan Contreras Zamudio e Jacquelinne Muñoz Vera, nasce nel 1987 a San Bernardo, un distretto a sud di Santiago, la capitale del Cile.
A tredici anni i genitori scoprono che il figlio è omosessuale. Solo a diciassette anni il giovane ammette però apertamente la sua omosessualità. La relazione con i genitori è buona, nonostante i conflitti con il padre che accetta l’omosessualità del figlio, ma dichiara di non condividerne il carattere a tratti “irresponsabile”.
Dopo la separazione dei genitori, nel 2003, Daniel vive con la madre e la nonna. A diciassette anni abbandona gli studi, anche a causa di una depressione innescata dal suicidio del suo migliore amico.
A ventiquattro anni lavora in un negozio d’abbigliamento cinese con l’intenzione di risparmiare per riprendere gli studi nell’ambito della recitazione. Tra i suoi obiettivi anche lavorare nella comunicazione, trovare un compagno e diventare padre [1]. Daniel frequenta regolarmente le discoteche gay della capitale cilena.
L’aggressione e la morte
Il 2 marzo 2012 Daniel Zamudio si reca al lavoro, come ogni giorno alle 7:30 del mattino e dice ai familiari che avrebbe incontrato in serata un amico e che sarebbe rientrato tardi. Non sarebbe più tornato. Il giorno seguente, i familiari denunciano alla polizia la sua scomparsa.
La polizia lo identifica come il giovane in stato d’incoscienza e gravemente ferito ricoverato presso l’ospedale “Posta Central” trovato intorno alle quattro del mattino, senza documenti, nel parco “San Borja”.
Le ferite sono così gravi che il giovane è tenuto in coma farmacologico. Il corpo è martoriato e oltre ai segni di percosse presenta bruciature di sigarette e simboli nazisti tracciati con pezzi di vetro[2].
Ancora, una parte dell’orecchio del giovane è strappata e una gamba è rotta, s’ipotizza a causa di pietrate inferte dall’alto. [3].
Dopo qualche giorno il giovane mostra qualche segnale di lieve miglioramento e i medici notano reazioni involontarie agli stimoli esterni. Le condizioni del giovane si aggravano però il 19 marzo e Daniel Zamudio muore nel pomeriggio del 27 marzo 2012.
Le indagini
La polizia, nei giorni immediatamente successivi all’aggressione ferma quattro sospettati [4]: Alejandro Axel Angulo Tapia (26 anni), Raúl Alfonso López Fuentes (25 anni), Patricio Iván Ahumada Garay (25 anni), e Fabián Alexis Mora (19 anni), già conosciuti alle forze dell’ordine per atti di violenza. Uno di loro esprime simpatie neonaziste.
Il più giovane degli aggressori, confessa, nel corso di un interrogatorio, le dinamiche dell’aggressione con calci, pugni, insulti, una bottiglia spezzata sulla testa, urina sul corpo. E conferma che gli aguzzini sapevano che Zamudio era omosessuale e che era stato svegliato mentre si trovava addormentato su una panchina[5].
Un avvocato della difesa, nel corso dell’udienza del 24 maggio 2012, ha chiesto la riesumazione del cadavere del giovane, indicando come possibile causa della morte la presenza d’un focolaio batteriologico nell’ospedale in cui il giovane era ricoverato e rilevando “negligenze” nelle cure mediche.
Il pubblico ministero e il Ministero degli Interni, che agisce in qualità di procuratore, ha però ricordato alla corte che Zamudio è morto a causa di una serie di lesioni subite al cranio e al corpo. La Corte ha quindi respinto la richiesta di scarcerazione degli imputati anche a causa dell’efferatezza dell’omicidio di cui sono accusati [6]. Il processo nel giugno 2012 era ancora in corso.
Impatto dell’aggressione e della morte [modifica]
La notizia dell’aggressione a Zamudio e della sua morte si sono diffuse rapidamente in tutto il mondo suscitando rabbia e commozione.
Il “Movimento per l’integrazione omosessuale e Liberazione” (MOVILH) cileno, oltre ad annunciare l’intenzione di costituirsi parte civile contro le persone resesi responsabili, ha chiesto alle istituzioni del Paese provvedimenti immediati contro la violenza e la discriminazione ai danni di omosessuali, lesbiche e transessuali.
La condanna all’aggressione è stata unanime. Numerose manifestazioni di sostegno a Daniel Zamudio e alla sua famiglia si sono susseguite al di fuori dell’Hospital Central. Migliaia di persone hanno accompagnato la famiglia di Daniel Zamudio durante i funerali.
Il 28 marzo, giorno successivo alla morte di Daniel Zamudio, il presidente cileno Sebastián Piñera, in viaggio in Asia, ha espresso solidarietà alla famiglia:
« L’aggressione brutale e vigliacca e la morte di Daniel Zamudio fa male non solo alla sua famiglia, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Voglio esprimere ai genitori, alla famiglia e agli amici di Daniel Zamudio i miei più profondi sentimenti di amore e di solidarietà. La sua morte non resterà impunita e rafforza l’impegno del governo contro la discriminazione arbitraria e nella costruzione di un paese più tollerante » | |
(Sebastián Piñera)
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Tra i molti ad esprimere la propria solidarietà anche personaggi famosi come Ricky Martin, cantante gay portoricano, con un tweet: “Basta odio, basta discriminazione. Mi auguro che sia fatta giustizia ORA. Un sacco di luce a Daniel e a tutta la sua famiglia”. Sempre Martin ha dedicato il premio GLAAD Media Award, onorificenza attribuita annualmente a chi sostiene l’immagine della comunità lgbt che il cantante ha ricevuto il 26 maggio 2012, a Daniel.
Il 9 maggio il Congresso cileno approva infine, dopo sette anni di discussioni, una legge contro la discriminazione di tutte le minoranze, compresa quella omosessuale. La legge è rinominata da media e opinione pubblica “Legge Zamudio”. Il testo del provvedimento dice tra l’altro che
« ogni crimine motivato da una situazione ideologica o discriminatoria, per religione, razza, etnia, condizione e orientamento sessuale può essere considerato come un’aggravante dal giudice al momento del giudizio penale » | |
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e intende punire con la reclusione coloro
« che con ogni mezzo di diffusione pubblica di qualsiasi parola o azione che esprime un parere discriminatorio, promuove l’odio e la violenza contro gruppi vulnerabili, o pubblicazioni o trasmissioni fatte per promuovere odio o di ostilità contro persone o gruppi a causa della loro razza, sesso, religione o nazionalità. » | |
All’approvazione della legge Rolando Jiménez, leader del movimento gay cileno dichiara:
« Oggi il Cile ha fatto un passo storico per la riduzione delle ingiustizie che colpiscono gruppi sociali esclusi. Ci sono voluti sette anni e 223 casi di discriminazione, alcuni di essi brutali. In questo periodo si sono verificati 18 omicidi motivati dall’orientamento sessuale delle vittime: questo è il prezzo che ha dovuto pagare il Cile per avere una legge contro la discriminazion[7]. » | |
Il 17 maggio 2012 migliaia di persone si riuniscono in Plaza de Armas a Santiago per celebrare la Giornata internazionale contro l’omofobia e commemorare la morte di Daniel Zamudio.
Il movimento lgbt cileno rilancia alcune richieste rimaste inevase al Congresso come quella del matrimonio gay e dell’abrogazione dell’articolo 365 del codice penale cileno che fissa l’età del consenso a 18 anni per gli omosessuali e a 14 per eterosessuali e lesbiche: l’ultimo residuo di legislazione omofoba nel Paese.
Secondo gli analisti statunitensi del “Time”[8]
« la fine brutale di Zamudio e il dibattito pubblico generato è sovrapponibile a quello di Matthew Shepard ed è stata in grado di liberare le energie di una generazione che ha già rotto con i tabù cattolici e la severità dei costume che orientava la società e la politica cilena. Di più, l’invisibile comunità omosessuale, si è ritrovata protagonista del dibattito pubblico. » | |
I genitori di Zamudio, grazie ad un’ampia esposizione mediatica, sono diventati testimonial della lotta alla discriminazione.
Daniel Zamudio e l’Italia
La stampa italiana, distratta al momento dell’aggressione del giovane, dà ampio risalto alla sua morte, alla pista neonazista anziché omofoba sulla quale s’erano frettolosamente indirizzate le indagini in un primo momento, e al dibattito di approvazione di una legge contro le discriminazioni in Cile.
Per parte sua il movimento gay, con Arcigay in testa, il 29 maggio, diffondeva una nota a firma del presidente nazionale Paolo Patanè:
« La sua vita è persa nel modo più barbaro che si possa immaginare, perché criminali assassini hanno ritenuto non avesse avesse diritto di vivere in quanto gay. Ora è troppo facile pensare che la sua morte appartenga solo a lui: in realtà appartiene a tutti, nella misura in cui strazia o accusa la coscienza di tutti, ed esige risposte da tutti. Chiediamo con forza un autorevole intervento del nostro Ministro degli Esteri di sensibilizzazione verso l’accertamento delle responsabilità nei confronti del Governo cileno. A Daniel, Arcigay dedicherà una targa nella sala della sede di rappresentanza nazionale in via di San Giovanni in Laterano a Roma. Auspichiamo che l’Ambasciatore cileno nel nostro Paese possa presenziare alla cerimonia con la quale ricorderemo Daniel. » | |
Ancora, in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia del 17 maggio 2012, più gruppi gay (e non solo) richiamano proprio l’omicidio di Daniel Zamudio per sottolineare la gravità e l’efferatezze dell’omofobia. È il caso di Arcigay Catania, di Sel Modena, di Arcigay Padova e altri.
Mentre il Ministero degli esteri, retto da Giulio Terzi, non ha dato alcun seguito alle richieste di Arcigay, l’associazione il 12 giugno 2012 ha organizzato, come indicato dal suo presidente, l’apposizione di una targa in memoria del martirio di Daniel Zamudio nella sua sede alla presenza a Roma dell’Ambasciatore cileno in Italia Francisco Javier Godoy Arcaya Oscar, del padre di Daniel, Iván Zamudio, e di esponenti dell’associazionismo lgbt italiano.
Note
- ↑ Igor I. Solar, Daniel Zamudio, 24, dies after brutal beating leads to coma, “Digitaljournal.com”, 28 maggio 2012.
- ↑ Monica Ricci Sargentini, Svolta per i gay in Cile dopo l’uccisione di un ragazzo, in “Corriere.it”, 29 maggio 2012.
- ↑ Anonimo, Il ragazzo gay seviziato con una svastica sul petto, “Giornalettismo.it”, 26 marzo 2012.
- ↑ Anonimo, Chile: familia de Daniel Zamudio decidió no aplicarle muerte asistida, “Elcomercio.pe”, 25 marzo 2012.
- ↑ Anonimo, “A Daniel Zamudio le cortaron y orinaron”: el brutal relato de un acusado de matarlo, “Elcomercio.pe”, 16 maggio 2012.
- ↑ Anonimo, Defensa dice que Zamudio murió por malas prácticas hospitalarias, no por golpiza, “Emol.com”, 24 maggio 2012.
- ↑ Luca Pistone, Cile:il congresso approva la legge contro la discriminazione, Atlasweb.com, 11 maggio 2012.
- ↑ Aaron Nelsen, Chile’s Matthew Shepard case: how a brutal murder changed the Country’s mind about gay rights, “Time”, 4 giugno 2012.