Intimidazioni, ricatti, insulti, aggressioni fisiche e sessuali, derisione, esclusione e rifiuto: almeno il 40% dei gay, secondo una ricerca condotta da “Stonewall” (un gruppo di militanti inglese) negli anni dell’adolescenza hanno tentato, almeno una volta, il suicidio, perché vittime di bullismo.
I massmedia, sul finire del 2006, hanno dedicato molto spazio al fenomeno, tuttavia pure a fronte di dati allarmanti in pochi hanno approfondito, nello specifico, il bullismo omofobo. Eppure in decine di articoli sull’argomento qualche fugace testimonianza era emersa: nella scuola di Torino, celebre per il filmato di un pestaggio ad un handicappato reperito su Internet, un anno prima del fattaccio era stata appesa sull’uscio di una classe la fotografia di un ragazzo con la scritta «Lui è gay» e altri insulti irriferibili.
Ancora il 13 novembre scorso sulle pareti del Liceo Aristofane di Roma è comparsa la scritta “via le lesbiche dalla scuola”, rivolta a una coppia di ragazze che frequenta l’istituto.
Altri sgradevoli ricordi di scuola, poi, sono riemersi, in alcune testimonianze raccolte da Gay.tv: Stefano rammenta “Sia dentro la classe sia fuori i compagni mi prendevano continuamente in giro: ‘frocio, culattone, busone di merda…’, anche gli insegnanti hanno ironizzato”. Un anonimo ricorda: “ovunque mi giravo ero assediato da commenti fatti sottovoce, da sguardi di sdegno, di cattiveria, battutine di basso tenore ed insulti ignoranti”, e Francesco aggiunge: “entrato in classe dopo la ricreazione trovai sul mio banco, scritto con cancellino a lettere cubitali, la frase: ‘frocio mi fai schifo'”.
Il bullismo contro i gay fatica però ad avere visibilità: “Chi vive o vede ogni forma di bullismo, non lo denuncia – spiega Elena Buccoliero, autrice di Bullismo, bullismi insieme a Marco Maggi (FrancoAngeli, 2005) –. Il bullismo omofobo è molto diffuso e (ad esempio nel caso dell’insulto omofobo) non è percepito dagli studenti come tale. Chi lo usa potrebbe usare qualsiasi altro insulto, e dà una valutazione generalizzata a tutte le persone omosessuali. Non esiste quindi una percezione chiara del bullismo omofobo, e casi eclatanti di violenze e persecuzioni non emergono perché i ragazzi omosessuali non denunciano. Questo può anche dipendere dal fatto che la consapevolezza della propria omosessualità arriva in tempo successivo alla scuola”.
Nonostante la scarsa visibilità, i dati italiani parlano comunque chiaro. L’ultima indagine, la più vasta mai condotta nel nostro paese sul fenomeno, Bulli in ballo, promossa dalla Regione Marche in collaborazione con il circolo Arcigay-arcilesbica di Ancona, attesta che su 2489 studenti delle superiori le offese verbali o fisiche o discriminazioni hanno riguardato il 41% degli omosessuali, il 33% delle ragazze e il 31% degli immigrati.
I ragazzi marchigiani giudicano poi “poco sicura” la loro scuola soprattutto per i gay (45%), ma anche per le lesbiche (38%), mentre è “abbastanza sicura” per gli immigrati e, soprattutto, per le ragazze.
L’allarme non risale peraltro a questi ultimi mesi, ma almeno al 2000 quando una ricerca dell’Università di Bologna, su 300 studenti omosessuali, rivelava che tre ragazzi gay su quattro avevano subìto ingiurie o minacce verbali a scuola, e uno su tre era vittima di soprusi e maltrattamenti fisici.
Nel frattempo non si è mosso nulla e “Non sono in corso iniziative istituzionali per la prevenzione del bullismo. Si è parlato molto i esclusioni e violenze, ma in questo momento [siamo a dicembre 2006, ndr.] non esiste un piano nazionale strutturato, o ricerche nazionali che offrano dati comparabili”, conferma la Buccoliero.
Le alte, e sommarie, dichiarazioni di intenti, continuano comunque a sprecarsi.
Per fermare i bulli Clemente Mastella ha proposto un “tavolo di concertazione” del governo aperto al contributo dell’opposizione. “Il primo passo, ha sostenuto il ministro, è eliminare a monte tutto ciò che scatena violenza, ad esempio i videogiochi”. Videogiochi?
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Beppe Fioroni, ministro dell’Istruzione, riassume la battaglia governativa contro il bullismo nella parola d’ordine “alzare la soglia di vigilanza degli studenti”, insieme ad “una strategia del recupero di chi offende, e di difesa delle vittime”. Strategia?
Rosy Bindi, ministro per le Famiglie, avverte “la necessità di un nuovo piano d’azione per l’infanzia con il coinvolgimento di Regioni, Comuni e di quanti (associazioni di volontariato, centri di ricerca e istituzioni culturali) lavorano a fianco dei bambini e delle loro famiglie”. Piano d’azione?
Nell’ansia di dichiarazione contro il bullismo si è contraddistinta, ma non per lungimiranza, l’onorevole Isabella Bertolini, di Forza Italia, che attribuisce agli omosessuali stessi la responsabilità del bullismo e di altre catastrofi: “non possiamo lamentarci delle culle vuote, degli anziani abbandonati dalle famiglie, del bullismo avanzante e di tutti i problemi psicologici e sociali in preoccupante crescita, soprattutto fra i giovani, se gli propiniamo come ‘normali’, ed anzi all’avanguardia, modelli di vita [come quello gay, ndr.] che obiettivamente non lo sono”.
Nel poco illuminato panorama politico spicca la protesta di Agedo, l’Associazione dei genitori ed amici di omosessuali – esprimendo “forte preoccupazione per la superficialità con la quale viene affrontato il problema”: “I nostri figli omosessuali”, ha dichiarato la presidente Paola Dell’Orto “soprattutto se minorenni, ricevono gratuitamente enormi dosi di violenza bullista dai loro compagni da sempre”.
Così mentre psicologi, pedagogisti ed educatori si arrovellano sulle cause del fenomeno, occupando salotti televisivi, le iniziative in Italia, soprattutto della militanza, si moltiplicano, ma se da una parte non manca una progettualità viva, manca totalmente il supporto istituzionale ed i finanziamenti.
“Noi stiamo seguendo tre progetti”, racconta Alessandro Galvani, segretario di Agedo, “in tre istituti superiori di Lecco e Verbania, e a breve incominceremo a lavorare Milano. Sono progetti di riduzione del disagio e della discriminazione. Numerosi insegnanti ci chiedono di intervenire e di parlare nelle scuole ma, sovente, il Consiglio d’istituto blocca tutto. È necessario un intervento istituzionale. Il Governo scorso, con le signore Moratti e Prestigiacomo, non ha voluto in alcun modo riconfermare il protocollo di intesa tra Agedo e Ministro dell’Istruzione e Pari opportunità, protocollo che ci avrebbe permesso di entrare nelle scuole. Confidiamo nel nuovo esecutivo”.
Da parte sua Arcigay ha inagurato “Schoolmates, grazie ad un finanziamento della Commissione europea, nel quadro Daphne, contro la violenza a donne, bambini ed adolescenti”, ci spiega il responsabile Miles Gualdi.. “È un progetto focalizzato sul bullismo omofobo, ma che considera anche altre forme di bullismo, di cui Arcigay è leader ma è svolto anche nel comune di Vienna e dalle associazione gay di Praga e Madrid.
È già incominciata, in sei istituti (tre di Modena e tre di Bologna) una ricerca preparatoria, che sta attestando che gli studenti sono coscienti del problema, mentre per gli insegnanti sembrano non accorgersene. Seguiranno due percorsi laboratoriali, uno rivolto agli studenti e l’altro agli insegnati ed educatori. Pubblicheremo poi la ricerca e un manuale su come attuare i laboratori di riduzione dell’omofobia nelle scuole”.
Inoltre continua ad essere proposto, in diverse città italiane, ma purtroppo senza sistematicità, il corso di formazione per insegnanti di scuole medie superiori sul tema dell’orientamento sessuale “Educare al rispetto” di Luca Pietrantoni e Margherita Graglia dell’università di Bologna, svolto, sovente, in collaborazione con Arcigay. Il corso ha ottenuto il riconoscimento ministeriale, ma nessun finanziamento.
Infine alcuni comuni, come Torino, Udine, Padova e Venezia, lavorano poi a contatto con le scuole anche sul bullismo antigay, e questo è davvero tutto, a meno di non sistematiche, anche se importanti, conferenze di sensibilizazioni negli istituti superiori di gruppi gay, o iniziative comunali o provinciali.
Una lotta sensata, conclude Elena Buccoliero, passa da interventi strutturati: “Ben vengano i gruppi di militanti che entrando nella scuola e smuovono le acque, ma per far fronte al fenomeno è necessaria una riforma strutturale della scuola come la riduzione degli allievi per classe e soprattutto offrire maggiori risorse per la formazione. In alcuni paesi ci sono leggi che stabiliscono sanzioni per la scuola che non lotta contro il bullismo… noi siamo indietro”.
Così indietro da promuovere iniziative a favore del bullismo come quella di Andrea Leoni, Consigliere della Regione Emilia Romagna di Forza Italia, che ha chiesto di non distribuire un volantino di sensibilizzazione alla diversità, voluto dalla provincia di Modena per gli istituti superiori della città, che ritrae una coppia di donne: “non è accettabile che la scuola pubblica sia utilizzata come un palcoscenico per la propaganda della sinistra laicista e relativista. C’è solo da augurarsi che i presidi delle scuole modenesi non autorizzino l’affissione nei locali delle scuole di questi manifesti che vogliono far passare per normale quello che normale non è”. (Pubblicato in “Pride”, n. 91, gennaio 2007)