Il successo di Gay.it

Intervista ad Alessio De Giorgi, tra i fondatori di gay.it

Alessio De Giorgi. Foto Elena Torre-Wikicommons

Duecentomila ingressi visitatori mensili, tre testate giornalistiche virtuali, una chat con quattromila accessi al giorno, nove dipendenti, trentacinque collaboratori esterni, una guida gay con ottocento indirizzi, una libreria virtuale, un mini-portale lesbico e un’agenzia di viaggi questi, e non solo, sono i numeri del sito Internet gay italiano www.gay.it.

Nato nel 1996 su iniziativa di tre giovani pisani Alessio De Giorgi, Christian Panicucci e Davide Buselli in poco meno di quattro anni è diventato il punto di riferimento per i navigatori omosessuali ed è da poco una società per azioni, con 2 miliardi di capitale sociale.

Oggi il sito all’informazione unisce la commercializzazione di prodotti per gay e pare proprio che questo binomio, insieme all’interesse che Internet sta suscitando, sia alla base del grande successo dell’iniziativa. Alessio De Giorgi, fondatore e attuale presidente di Gay.it, risponde alle nostre domande.

Come nasce Gay.it?

Gay it nasce sei mesi dopo la nascita di Queer.it una mailing list che fondammo a Pisa in un momento in cui su Internet non c’era assolutamente nulla di gay in italiano. Ci venne l’idea di creare un servizio che creasse un abbozzo di comunità gay sulla rete. Il sito è nato poco dopo, quasi per caso.

Con che mezzi avete cominciato?

Abbiamo cominciato aggiornando il sito nei ritagli di tempo e la cosa è durata per due anni e mezzo. Nell’ottobre 1999 abbiamo incontrato sulla nostra strada Active Advertising, la concessionaria di pubblicità di Virgilio (noto portale di Internet) che ci ha preso in carico. Il loro direttore marketing aveva pensato che a quel punto, per il numero di pagine che facevamo e per il tipo di pubblico che, già allora, raccoglievamo, potevamo essere interessanti per il mercato pubblicitario. Ha scommesso lui con noi e così siamo partiti seriamente.

Quali erano i vostri obiettivi inizialmente?

Gay.it, nella testa di tutti noi, al di là degli aspetti economici che sono arrivati dopo, era fatto con l’idea di dare visibilità ed offrire aiuto al gay sperduto della provincia. Il gay della città ha evidentemente dei riferimenti. Internet riesce invece ad arrivare nella realtà italiana: frammentata, con uno scarso cooming-out e con nessuna comunità gay che concentri un decente numero di persone.

Gay.it in poco tempo diventa un punto di riferimento per gli omosessuali italiani. Quali sono le ragioni del vostro successo?

Ci sono ragioni prettamente italiane. Internet è particolarmente adatto alla nostra realtà gay. Di fatto la somma dei visitatori di tutti i siti gay italiani non raggiunge il numero dei visitatori che noi raggiungiamo in un mese. Secondo me è azzeccata l’impostazione, questo è evidentemente di parte, ma l’impostazione è sufficientemente vicino ad Arcigay e quindi dichiaratamente schierata a favore dei nostri diritti, alla visibilità e all’idea che una forte comunità gay si possa sviluppare anche grazie a Internet; insomma siamo schierati sui temi cari all’associazionismo gay, anche perché le persone che ci lavorano sono nate lì e continuano a fare lì attività. Ma c’è anche forte attenzione e temi più leggeri e anche una forte attenzione ai servizi che diamo. Offriamo servizi che dal punto di vista economico non rendono poco: tipo “l’Esperto On-line” che ha un successo enorme di richieste di consulenza ed aiuto, o spazio e pubblicità gratuita alle associazioni non profit.

Il portale americano Gay.com si accorge del vostro successo e nell’ottobre 2000 entra in società con Gay.it. Gay.it diventa un’azienda. Cosa è cambiato rispetto alla vostra offerta dal momento in cui l’aspetto commerciale è passato in primo piano?

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Non solo Gay.Com è entrato nel nostro capitale sociale, ma anche Matrix/Virgilio, ovvero Seat Pagine Gialle. Gay.com ha una strategia tipicamente americana: quella di internazionalizzarsi e puntava ad acquistarci completamente. Noi abbiamo preferito una soluzione diversa: abbiamo preferito fare entrare il partner americano, che ci porta sinergie e opportunità di accedere ad una dimensione più europea, insieme a quello italiano. La Matrix è la società che gestisce il primo portale italiano, Virgilio, ed è di proprietà di Seat che recentemente ha acquisito Telemontecarlo. È la prima volta che un’azienda non gay investe oltre un miliardo nel mercato gay. Da Gay.com noi manteniamo un’autonomia e la stessa può darci respiro internazionale, basti pensare a tutte le potenzialità che ci sono nel gestire delle campagne pubblicitarie a livello europeo. Dal punto di vista degli utenti credo non cambierà nulla. Aumenteranno i servizi e la possibilità di trovare informazione.

Il settimanale Panorama, nel novembre scorso ha presentato il vostro sito affermando che l’investimento di Gay,com si basa su una parola magica Dlink, “Double income No Kids” che significa “Doppio stipendio e niente figli”. Sembra quasi che gli omosessuali siano interessanti solo come fenomeno di mercato. Cosa ne pensi?

Gay.com e Martrix hanno investito due miliardi e più in Gay.it unicamente perché c’erano i numeri perché l’azienda funzionasse. C’era un una redazione in grado di portare avanti l’offerta informativa e il servizio era buono. Avevamo un sito ben avviato in cui sono stati iniettati del capitale per raggiungere risultati economici apprezzabili più rapidamente. Il mercato pubblicitario è attento al nostro pubblico in tutti i paesi del mondo e in futuro lo sarà anche in Italia. Nel mercato pubblicitario ci sono quelli attenti agli anziani piuttosto che hai giovani o ai professionisti. Ci saranno sempre più agenzie di marketing attente al segmento gay. E la qualità del nostro prodotto non sarà certo svilita dalla presenza della pubblicità, chessò, della Durex: anzi, da questa ne trarremo nuove risorse per migliorare l’offerta.

Non ti spaventa pensare al gay solo come soggetto commerciale?

Di per sé non mi spaventa. Nessuno ci fa caso quando sulle riviste per teenagers c’è la pubblicità dei Luna pop e non di Ornella Vanoni… ogni età, ogni ceto sociale, ogni condizione ha propri gusti e particolarità. Penso che la nostra integrazione passi anche da questo: quando un’azienda che fa prodotti interessanti per il nostro pubblico non avrà più remore a fare pubblicità sui media gay, bene, allora sarà un segno di una completa integrazione. Noi gay e lesbiche abbiamo alcune peculiarità: siamo narcisisti, spendiamo i nostri soldi in certi tipi di prodotti e non li spendiamo in altri e, in generale, abbiamo una vita sociale molto intensa. Abbiamo dei comportamenti interessanti per un certo tipo di mercato. Tutto qui.

Oltre all’informazione Gay. It attualmente offre collegamenti a siti commerciali che vendono libri, biglietti aerei, cd e altro. Gli omosessuali Italiani acquistano prodotti in Internet?

L’E-commerce in Italia non è certamente all’anno zero ma non è neppure al duemila. I gay hanno attitudine molto forte a prodotti nuovi. Questo lo dicono tutte le statistiche: il 46% dei visitatori del nostro sito ha già fatto acquisti On-Line contro il 10% degli utenti di Internet.

Cosa acquistano gli omosessuali italiani?

Essenzialmente viaggi, libri, prodotti di bellezza legati alla cura del corpo, abbigliamento, gadget e cd. Una ricerca che abbiamo commissionato ad Eurisko ci ha offerto una base teorica molto interessante per il mercato pubblicitario. I risultati sono molto simili a quelli americani, inglesi e francesi. Noi gay usciamo moltissimo e conseguentemente beviamo più della media, ci vestiamo in maniera più ricercata e giovanile. Nel mercato pubblicitario siamo quello che si definisce un trend setter. Siamo posizionati in quella fascia della popolazione in qui entra il prodotto nuovo, come Internet stesso, o il telefono cellulare, la novità in fatto di abbigliamento, insomma, facciamo tendenza. Le prime statistiche americane dicevano che il gay guadagna più della media. Le nostre statistiche dicono che non è vero. Guadagna come la media ma spende in maniera nettamente diversa dalla popolazione generale.

Gay.it con 200 mila ingressi mensili non ha rivali nel panorama web italiano gay. Di fatto possedete il monopolio. Non credi che possa essere rischioso?

Certo, Internet è un mondo dove si sta arrivando ad una concentrazione molto forte. Gay.com si è fuso con Planet-Out il secondo sito americano per importanza. In Internet i costi sono ormai molto alti e solo chi ha le spalle forti riesce a resistere I rischi della nostra predominanza non sono io a doverli dire; noi cerchiamo di gestire Gay.it senza logiche fortemente politiche. Noi siamo legati ad Arcigay ma non abbiamo problemi ad intervistare Imma Battaglia come abbiamo fatto sotto Natale. La nostra logica è essere un sito per tutti e staremo molto attenti ad una malattia tipica del mondo commerciale omosessuale: quella del “reginismo”, dell’impedire agli altri di crescere. C’è davvero ancora spazio per tutti: i gay su Internet noi stimiamo siano mezzo milione e quindi siamo ben contenti se intorno a noi si sviluppino nuove iniziative e realtà.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?

A breve daremo la possibilità agli utenti di spedire e-mail video, partono tra breve gli “acquisti di gruppo”, un servizio che permetterà a tutti di noi di acquistare appunto in gruppo e direttamente dai produttori alcuni prodotti (cellulari, computer, elettronica, oggetti per la casa) ottenendo così condizioni particolarmente vantaggiose: una sorta di “cooperativa di consumo” gay e lesbica. Questi sono solo alcune anticipazioni: per il resto, il nostro pubblico sa che ogni giorno c’è sempre qualcosa di nuovo e quindi vi lascio un po’ di curiosità… (pubblicato in Babilonia, febbraio 2001, con il titolo Gay on-line)

Stefano Bolognini ⋅

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